Subito dopo la morte di Rorschach, avvenuta improvvisamente e senza che potesse semplicemente aggiungere o modificare qualcosa rispetto al suo esperimento originario, i suoi allievi, con intento puramente scientifico, hanno iniziato a far conoscere e condividere il lavoro appassionato e rivoluzionario del loro āmaestroā.
Lo strano fascino delle macchie iniziĆ² quindi lentamente ad espandersi dalla Svizzera alle vicine Francia ed Italia, fino ai lontani Stati Uniti, che le accolsero con lāentusiasmo di una cultura in piena ascesa economica e fermento scientifico. Lāuso e lo studio di questa tecnica unica, hanno continuato a tenere vivo lāinteresse nei suoi confronti, facendola sopravvivere ad attacchi e tentativi reiterati di sminuirne validitĆ ed attendibilitĆ e rendendola nota ed apprezzata in tutto il mondo da chi lavora nel campo della psicodiagnosi, nonostante la contrapposizione tra critiche feroci, malintesi scientifici e difese appassionate.
Grazie al lodevole contributo di centinati di studiosi che nel corso dei decenni ne hanno approfondito le potenzialitĆ , identificandone anche i limiti, il potere investigativo del test ĆØ andato costantemente aumentando ed il Rorschach ĆØ diventato un punto fermo della professione dello Psicologo, in grado di fornire risposte professionali come nessunāaltra, ma anche di favorire apprendimento a chi la utilizza, come sempre accade di fronte a tecniche complesse.
Il confronto e lo scambio scientifico e culturale si sono consolidati anche in 21 congressi internazionali della International Rorschach Society, due dei quali organizzati anche dallāItalia, dalla Scuola Romana Rorschach in particolare, uno dei quali, nel 2002, con il mio onorato contributo da Vicedirettore.
Ma il fatto che Rorschach scomparve improvvisamente ancora prima di immaginare che i suoi studi ed esperimenti avrebbero avuto un qualche seguito, ha sottratto da subito un confronto con il creatore del test, facilitando un immediato proliferare di idee differenti riguardo questa tecnica. Al contrario della psicoanalisi infatti, con Freud che per decenni rappresentĆ² e difese lāortodossia, attraverso delle linee guida e di confronto che crearono fermento di idee e stimolo in altri studiosi ad apportare contributi diversi e innovativi, nel Rorschach non ci fu mai unāāortodossiaā che potesse essere difesa ed incarnata da un creatore.
Nei primi congressi internazionali, qualcuno cercĆ² di sostenere lāidea che dovesse essere identificato e messo a punto un Metodo unico di approccio al test (Carlo Rizzo tra questi), valutando come rischiosa una certa dispersivitĆ in vari approcci talvolta molto differenti tra loro, mentre altri cercarono di seguire le loro personali strade investigative nella volontĆ di apportare contributi sempre nuovi. Questa dispersione col tempo ĆØ diventata meno evidente e comunque si contano ormai migliaia di lavori fatti con diversi approcci e logiche interpretative del test.
Nel corso degli anni si sono quindi delineati vari Metodi Rorschach, ovvero la sintesi del pensiero e degli studi di vari autori che si sono dedicati allo studio ed alla applicazione di questa materia. Questo perchĆ© al pari della psicoterapia, il Rorschach per essere utilizzato con rigorositĆ e precisione, deve prevedere un Metodo di riferimento, che dia a chi lo utilizza delle basi teoriche e statistiche chiare e condivisibili, sulle quali far perno per il suo apprendimento e per la sua pratica professionale. Quando ci si conosce tra colleghi rorschachisti, la prima cosa che si dichiara, ĆØ quale Metodo si segue.
Tutti i congressi ai quali ho partecipato (Amsterdam, Roma, Barcellona, Lovanio), ho sempre ascoltato e vissuto la diversitĆ di studiosi di molte nazionalitĆ e differenti Metodi, il loro confrontarsi senza che nessuno tacciasse lāaltro di usare un Metodo peggiore del proprio.
Ho ascoltato con interesse ed appreso dalla Scuola francese, molto qualitativa ed incentrata sulle capacitĆ e lāintuito dellāesaminatore, vero centro del processo psicodiagnostico, ma anche da quella nord americana moderna, piĆ¹ quantitativa ed imperniata sulla quasi esclusiva ricerca di certezze psicometriche, dove sono il test e la tecnica a rappresentare il centro del processo.
Questo nonostante la mia orgogliosa provenienza dallāantica tradizione culturale italiana di studio del Rorschach, affine come approccio a quella sud americana, simili nel non sposare lāeccesso di questi approcci (qualitativo e psicometrico) idealmente molto lontani tra loro, ma convinte della necessitĆ che un esperto debba conoscere e saper utilizzare la dimensione dellāesperienza umana, sostenuta ed a sostegno dellāimprescindibile psicometria.
Ma a causa di chi evidentemente non ha frequentato questi spazi di condivisione e scambio di piĆ¹ ampio ed elevato respiro sulla materia, da qualche anno sempre piĆ¹ frequentemente si incontrano colleghi che invece sottolineano una loro presunta superioritĆ culturale a scapito di quella altrui. Al pari di quanto accade tra diversi approcci di psicoterapia, ĆØ nata una sotterranea lotta culturale, nella quale qualcuno cerca di affermare che il proprio approccio ĆØ aprioristicamente migliore di un altro, lotta piĆ¹ dettata da benefici economici che non scientifici, che ĆØ destinata a sottrarre energie positive da indirizzare verso i nostri potenziali committenti, per fare in modo che la Psicologia diventi un polo culturale chiaro e compatto a cui riferirsi e non una serie di āfeudiā che si contrappongono.
Credo fermamente che non esista una Psicologia senza gli Psicologi. E che non esistano Metodi o Psicoterapie in assoluto migliori di altre, senza tra lāaltro valutare attentamente il grado di competenza ed esperienza chi le utilizza. Ć certo che esistono Metodi Rorschach che si basano su principi molto diversi, piĆ¹ o meno analitici, piĆ¹ o meno aggiornati, che perĆ² non funzionano in sĆ©, ma prevedono necessariamente sempre qualcuno che li utilizzi bene o male.
Affermare una presunta superioritĆ nel Rorschach, mai tra lāaltro neanche accennata di creatori stessi dei Metodi ai quali internazionalmente si fa piĆ¹ riferimento, non ĆØ qualcosa di scientifico o professionale, ed andrebbe evitato soprattutto nei contesti dove la nostra materia diventa āpubblicaā, ovvero in quelli forensi. La nostra stessa etica professionale dovrebbe impedire una cosa del genere.
Se poi esiste qualcuno che, grazie alla sua competenza ed esperienza assoluta ed incontestabile, puĆ² essere in grado di giudicare se una tecnica sia āmiglioreā di un’altra, costui dovrebbe essere al di sopra delle parti e non certo essere un esponente della specifica corrente di pensiero che sostiene. LāautoreferenzialitĆ altrimenti, diventa la base per il non confronto scientifico.
Un Metodo non esiste senza chi lo utilizza, che dovrebbe essere conoscitore esperto in senso teorico e pratico di ciĆ² che utilizza, presupposto imprescindibile che diventa una garanzia per un adeguato utilizzo del Metodo stesso.
Non si iscrive un test ad un Albo professionale o ad una lista di esperti, ma solo chi dovrebbe utilizzarlo in modo altamente specialistico per garantire un lavoro ben fatto, che soddisfi la committenza e che parallelamente contribuisca ad una ricaduta di immagine allāesterno, che aumenti il nostro potere e riconoscimento professionale.
Spostare lāattenzione dalla propria professionalitĆ a quella di un Metodo, ĆØ una strategia poco etica, che tenta di distogliere lāattenzione dal vero problema di chi lavora con questo test, ovvero la scarsa conoscenza della materia spesso utilizzata senza formazione e senza la necessaria pratica professionale.
1 responses on "Il Test di Rorschach: le macchie della disputa"
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Grazie Roberto per questo articolo che trovo chiaro, conciso e sanamente umile nel proporre il vostro lavoro scientifico. Dopo la formazione universitaria in cui studiai il metodo Passi Tognazzo ho trovato nel metodo scuola romana proposto dal “nostro” (ora posso dirlo) istituto un valido e accessibile strumento per trasformare uno studio libresco in una competenza che uso con passione nel lavoro psicodiagnostico. E in genere anche i pazienti a cui sottopongo il test ne sono interessati e talvolta affascinati. Continuo a formarmi con la rilettura continua del vostro manuale e con le supervisioni a distanza. Buon lavoro e congratulazioni per quanto ci avete messo a disposizione. Paolo Ciotti Psicologo Psicoterapeuta OPL 03/16212