L’iscrizione all’Ordine professionale autorizza a fare pochissime cose (Art. 1 Legge 56/89 – Ordinamento della professione di Psicologo). L’unica di queste che prevede una concreta possibilità lavorativa remunerata è l’esercizio della Psicodiagnostica, al quale l’Università non riesce a preparare.
La Psicodiagnostica è quindi alla base del diventare Psicologo.
Diventare Psicologo significa conoscere e saper utilizzare professionalmente la Psicodiagnostica, prima di qualsiasi altro perfezionamento o specializzazione successiva.
Conoscere la Psicodiagnostica ti consente:
- immediate possibilità lavorative attraverso le quali consolidare un’identità professionale basata sul saper fare, chiara e riconosciuta;
- di trovare, esercitando da subito la professione, fonti di sostentamento economiche e motivazionali, che consentano un inizio di autonomia e di ritorno sul piano dell’immagine professionale;
- di acquisire un linguaggio e una logica basica della Psicologia e del funzionamento dell’essere umano che facilita e potenzia anche l’apprendimento di altre competenze (Psicoterapia, Psicologia del lavoro, dell’età evolutiva, etc.).
Quante volte ti sei chiesto: cosa posso fare dopo la laurea? Quali sbocchi lavorativi?
Scommettiamo che il primo ed immediato tuo pensiero è andato alla Psicoterapia? In Italia, simbolicamente e culturalmente, la Psicologia come professione tende a coincidere con la Psicoterapia. Semplicemente ci fanno interiorizzare, fin dai primi anni di università, che le cose stanno così. Avrai sicuramente sentito, fin da molto presto, discorsi tipo: “siamo tanti e troppi psicologi“, “il mercato è inflazionato“, “senza specializzazione in Psicoterapia è difficile lavorare e guadagnare“. Ci troviamo, così, spesso in conflitto nell’intraprendere scelte formative progettuali sul nostro futuro, tra assecondare la nostra sensibilità e l’attrazione che alcune materie e discipline hanno su di noi, o invece seguire più pragmaticamente ciò che va per la maggiore nel mercato del lavoro.
L’uscita dall’Università è una fase moto critica per il giovane neolaureato in Psicologia, che inizia a sperimentare l’ansia e il bisogno di provarsi professionalmente, senza però nessuna competenza pratica acquisita durante il percorso universitario. La mancanza di un’identità professionale consolidata, basata sul saper fare genera in noi la sensazione di non riuscire ad orientarci, un senso di dispersione e di frustrazione che nei casi peggiori può spingerci a fare scelte confuse o unilaterali.
In questa fase qualcuno di noi spinto dal senso di “vuoto” e dalla “fame” di competenze può orientarsi ad fare corsi di diversa tipologia, accumulando, come pezzi di un puzzle, abilità o semplicemente certificati più disparati che faticano ad incastrarsi ed a trovare una logica coerente. Altri stentano ad allontanarsi da quello che la cultura universitaria italiana prospetta quasi come unica identità e sbocco professionale, quello della Psicoterapia, iscrivendosi non sempre con reale e profonda convinzione a scuole di specializzazione, che autorizzano solo dopo lungo tempo ad esercitare la professione di Psicoterapeuta. Si allunga così lo status di “studente” e si rimanda l’inserimento nel mondo del lavoro ai molti anni a seguire.
Nella fase culturale ed economica che stiamo attraversando però, scelte univoche non consentono di esercitare la professione raggiungendo un’autonomia lavorativa ed economica, quindi se ti trovi a dover scegliere strategicamente, non avendolo già fatto in precedenza, quali debbano essere i percorsi formativi attraverso i quali iniziare concretamente quello per cui hai studiato, un piano strategicamente efficace potrebbe essere quello di fare scelte più a breve termine, nelle quali acquisire immediatamente tecniche da utilizzare per iniziare a fare esperienza, guadagnare e consolidare la tua identità, e altre importantissime più a lungo termine, come la Specializzazione in Psicoterapia, per ampliare il tuo futuro.
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